"LA CITTà DEI DETRITI", Di Giovanni Monasteri
Presentazione dell'installazione "Kaos"
Commenda dei Cavalieri di Malta, Piazza Armerina 2000

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Tino Sanalitro non cessa di stupirci. E' con una sorta di furore creativo che, nella sua nuova esposizione-installazione alla Commenda dei Cavalieri di MALTA, l'artista ha radunato materiali e oggetti tra i più disparati: da manipolare, riscoprire, ri-significare. Manufatti smessi della civiltà contadina, paccottiglia, ninnoli, giocattoli rotti e quant'altro di effimero invade le nostre case e riempie le discariche: niente è abbastanza ignobile o troppo nobile per la perfetta, algida, ordinata e multiforme città dei detriti, che il lunare architetto, seguendo un suo lucido progetto, con infinita pazienza ha costruito. Una colata di candido gesso pietrifica, purifica, riscatta e omologa ogni cosa. Ed ecco i busti e i sauri di gesso, talvolta dai profili netti, talaltra simili a larve che cercano faticosamente una forma. E le "statue" sbeccate i cui occhi sembrano cuciti più che vuoti. Le attonite citazioni di una classicità anch'essa omologata e mercificata. Colonnati e strani palazzi di polistirolo e di cartone (ma il materiale può essere indovinato dalla forma, che spesso rimane riconoscibile). La statua mutilata dal tempo accanto al manichino nato senza braccia. Membra avanzate da un pasto cannibalico e navigli sul capo di eroi di pietra. Ibridazioni chimeriche, oggetti “fuori posto” e assurde contiguità, come dopo un naufragio su una spiaggia solitaria, o a causa di una prodigiosa bassa marea che restituisce cose perdute da secoli. Ma una mano sapiente, a sfida del Kaos, ha ordinato i detriti innumerevoli come su un'invisibile scacchiera, o lungo un reticolo di strade che esse delimitano. Nuovo e pietoso demiurgo, l'artista trae fuori dal gorgo dell'oblio insospettate architetture; eppure, eccoli là, sono oggetti consueti, quelli che popolano i nostri opachi paradisi consumistici. Oggetti e ancora oggetti, candidi simulacri di se stessi, ora integri come fossili madreperlacei, ora pietosamente mutilati. Sono monumenti e al tempo stesso abitatori della città dei detriti. Un bianco marmoreo, come di tombe in un fantasioso cimitero, blocca la corrosione sempre più rapida che sgretola gli effimeri smalti dei nostri feticci.